La grande cavalcata (barzelletta popolare)

Riprendo un piccolo pezzo dal libro "Filofollesofia" di Giovanni Gramaglia di cui avevo gia' scritto un po' di tempo fa. E' un libro che mi appassiona molto e trovo molto divertente, ha una chiave di lettura semplice e rispecchia in alcuni casi delle stesse situazioni che mi sono trovata a vivere.

Sono le prime pagine del capitolo Gianfilosofo e il Dottor Hicckstz G-file n.2; in questo capitolo spiega il suo approccio alla filosofia e di come e perché e' arrivato al Dsm Asl 2 di Napoli e l'incontro con il dottor Hicckstz che di nome fa Adolf Sigmund.

"La grande cavalcata" (barzelletta popolare). Una matto, con molta educazione, chiede udienza al direttore del manicomio; casa famiglia, ASL, o che so altro, ancora non c'erano; per mettere all'attenzione di quest'ultimo una sua idea. Toc-toc, bussa il nostro amico alla porta dell'ufficio del dirigente che risponde: "Avanti".

Timoteo, un metro e ottanta circa, capelli corti, un po' arruffati; ancora ben colorati di nero, malgrado la sua età; vestito effettivamente fuori moda, forse parecchio; con i suoi occhiali da vista, color tartaruga, imitazione, ovviamente; lentamente e timidamente apre la porta dell'ufficio, quel tanto che basta a permettergli di entrare. E con la sua voce, appena recepibile chiede: "E' permesso?".

Il dottore, dietro i suoi bei baffoni, sorridendo molto amichevolmente risponde: "Prego, si accomodi, mi fa molto piacere che abbia qualcosa di nuovo e sono convinto di interessante da presentarmi, si sieda e mi dica con calma".

Timoteo a questo punto ormai gia' entrato nella stanza, socchiude la porta alle sue spalle, lentamente si siede sulla poltroncina di fronte la bella scrivania, di quell'ufficio, comunque, tenuto con un minimo di decorosa estetica; e a bassa voce, come suo solito, si spiega:"Sa, signor direttore, ho molto tempo libero; e tutto il giorno non so cosa fare. Perciò, penso, penso, penso, penso, a tante cose, e sono convinto che impegnandomi in qualche cosa di valido e costruttivo come la scrittura, potrei sentirmi realizzato; e di conseguenza meno inutile e superfluo". Un attimo di pausa, e poi Timoteo riprende: "Oltretutto potrei fare qualcosa di utile, magari, scrivendo un bel romanzo… Le persone lo leggerebbero, pubblicandolo in seguito… ne trarrebbero gioia, piacere, e io ne sarei contento, ovviamente; veramente, contento… molto contento, contento contento…". Il direttore un po' impensierito, non sapendo cosa dire, interrompendolo quasi, esclamava: "Va bene, Timoteo, calmati, non avere timore, va tutto bene, non hai altro da fare che chiedere se ti serve qualcosa, e se potrò, te la darò certamente".

Il nostro amico, riprendendosi, rincuorato dalle parole del dottore, sorridendo, a malapena: "Vede direttore, mi servono solo fogli, tanti fogli di carta, per scrivere, una matita (allora i computers, i p.c. non esistevano). Per cancellare… sì! Una bella gomma, per rimediare agli errori, alle approssimazioni, alle follie del mondo… No, forse una gomma sola non basta, non può bastare". Stringendo le mani l'una nell'altra, e alzando gli occhi al cielo: "Meglio due!". – Il direttore, dall'altro lato della scrivania, messo un po' in allarme dall'atteggiamento del ricoverato, lentamente, si alza, poggia delicatamente la mano sulla spalla sinistra di Timoteo, e cercando di mostrare simpatia e assenso, leggermente sorridendo dice: "Ma certo, non temere, una matita, tanti fogli e due gomme per cancellare". "Meglio tre", aggiunge Timoteo: "Meglio tre", ripete il dottore, e si avvicina allo scaffale, dal quale prende appunto il materiale richiesto e lo porge al matto, con un sorriso e un augurio. Timoteo ringrazia, sorridente, soddisfatto, e con il materiale suddetto, esce dall'ufficio, dirigendosi verso la sua camera, lasciando il direttore un po' perplesso, che rimurgina tra sé e sé: "Speriamo bene…"

 

Il nostro Timoteo, scrive, scrive, scrive, effettivamente; e dopo un mese ritorna dal direttore. Stessa situazione, stessa richiesta: fogli matite e gomme per cancellare. Timoteo, prende con gioia gli oggetti che il dottore con altrettanta gioia gli porge e salutando, con un piccolo inchino, quasi a voler ringraziare con tutta la sua persona, oltre che con la voce, come già aveva fatto, va via.

Dopo un altro mese, altra richiesta identica, soddisfatta: E così per altri due, tre mesi. La situazione si ripete, lasciando ogni volta sempre più perplesso, ma favorevolmente interessato il direttore, che ormai, con profonda curiosità si interrogava sul possibile contenuto del libro, che Timoteo, almeno all'apparenza, stava alacremente scrivendo. Finalmente, in una bella mattinata di sole, risplendente e luminosissima, quasi a salutare quello che poteva essere forse un vero e proprio evento, la presentazione al mondo del nuovo capolavoro letterario. Timoteo si presenta, felice, pieno di entusiasmo al nostro dirigente, aprendo addirittura la porta senza nemmeno bussare, dimentico quasi della sua solita timidezza. Però una volta dentro la stanza, rendendosi conto della sua non solita irruenza, si ferma, e eccitato si rivolge al direttore che lo guarda con non poca meraviglia: "Direttore, direttore… Mi scusi se sono entrato così senza bussare… Però, sa, ho finito il libro! E sono corso qui per portarglielo a vedere. E' grazie a lei che ho potuto scriverlo, e a tutti i fogli che mi ha dato… Glielo posso far vedere?". Il direttore, sentendo la buona notizia, dimentica istantaneamente la sua meraviglia, e perplessità e preso dalla gioia e curiosità, esclama: "Ma certo Timoteo, sono mesi, che aspetto questo momento, anzi ti dirò che non si parla d'altro al centro, che del tuo libro, e ora che l'hai terminato, e me lo porti, per darci un occhiata, ci mancherebbe anche che non ne avessi tempo per visionarlo". Timoteo, rincuorato, gioioso, per queste parole si avvicina alla scrivania, porge il libro al direttore, e felice, emozionato e sorridente, gli dice: "Vuole darci un'occhiata, vuole leggere qualche pagina? Così poi mi fa sapere, sperando che lo trovi interessante". – Il dottore, prendendo il manoscritto con le due mani, gli risponde: "Perché non resti con me, per leggerne qualche pagina assieme, penso che farebbe piacere a tutti e due…".

Timoteo lo interrompe e, assumendo quasi un tono enfatico, dice: "Volentieri, ma sa sono così stanco… ho lavorato tutta la notte per concludere l'ultimo capitolo e finire il libro, e vorrei andare a riposare. Lo legga lei, poi mi fa sapere. E speriamo bene". E il direttore a lui: "Facciamo così, d'accordo, va bene… Vai tranquillo, che io resto qui a dargli un'occhiata; d'altra parte, fortunatamente in questo momento non sono impegnato. Ci vediamo dopo, allora, buon riposo". Timoteo, ringrazia, sorridendo, saluta e va via, chiudendo alle sue spalle delicatamente, come al suo solito, la porta. Il dottore, rimasto solo, si siede, quasi famelico, nella sua curiosità, accresciutagli in mesi di attesa e finalmente legge: "Di Timoteo de Rossi: La grande cavalcata". Volta la pagina della copertina e trova bianca la successiva, volta un'altra pagina e nuovamente ritrova il titolo ben scritto a mano libera, ma in stampatello. Volta pagina di nuovo e finalmente legge: "Luigi giovane uomo, alto forte e prestante, avvicinatosi al suo purosangue, splendidamente bianco, con un balzo gli monta in sella. Un colpo agli speroni, un grido, e via nel vento di primavera, accompagnato dallo scalpitio dell'animale: pt-po, pt-po, pt-po"… Tristemente meravigliato, il dirigente interrompe la lettura, solo per rendersi conto che tutta la pagina fino all'ultima riga è piena di queste parole. Incredulo, deluso, innervosito, volta velocemente il foglio e legge: "Pt-po,pt-po,pt-po"… all'infinito! Freneticamente allora aprendo a caso in successione, legge a pag. 5 "Pt-po, pt-po, pt-po" … A pag. 10: "Pt-po, pt-po, pt-po"… A pag. 100:"Pt-po, pt-po, pt-po"… A pag. 200, lo stesso a pag. 350 identico! Allora, veramente deluso, prova a guardare l'ultima pagina per vedere se almeno li qualcosa da leggere potesse esserci… Ormai tristemente consapevole del fatto che tutto il libro non era altro che la ripetizione ossessiva, folle dell'unica parola: di questa voce onomatopeutica, sopra riportata e ripetuta: "Pt-po, pt-po, pt-po"…All'ultima pagina, trova effettivamente però una razionale conclusione: Pt-po, pt-po, pt-po! Nel vento di primavera, lo splendido destriero bianco galoppa furiosamente. Ma ad un tratto: uno strattone alle briglie, l'impennata grottesca del cavallo che si ferma quasi cadendo, per lo sforzo; il balzo felino di Luigi che scende di sella e si allontana accompagnato dal nitrito dell'animale:- Hiiiiiiiiii… – Qui termina la grande cavalcata". E un po' più sotto: "FINE"

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